WORKS


Cuori

 Scuderie Aldobrandini Frascati – 2009

MONDO CREATO
di Giuseppe Salvatori

Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie
è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli;
c’è un soffi o vitale per tutti.
Qoelet (3,19-21)

Da sempre nella mia pittura gli animali occupano uno spazio considerevole. La presenza assidua di questi, o anche solo di un loro tratto, corrisponde ad una volontà precisa di ancorare la pittura alla vita, a fare del quadro un’occasione di appartenenza. Non necessariamente racconto, ma più vera icona, suggerimento discreto di un fare memoria. E se è vero che la memoria è la pittura dell’anima, i miei animali occupano, nella geometria invisibile di ogni composizione, proprio quel vuoto, altrimenti detto spazio d’anima. Lo spazio capace di vertigine e di peso: respiro e punto morto d’una prospettiva astratta del sentire e quindi debitore di equilibri inusitati. La figura, ad esempio, della lucertola ha in sé il movimento, lo scatto improvviso che può rimettere in moto la struttura del quadro, ridisegnandola in una varietà d’invenzioni illimitate, e mai casuali, perché essa stessa è sostanza: stratificazione di figure, recise memorie. Oppure l’ingresso d’un’ala d’uccello, a fare cielo o il suo sfregio, è lezione più antica di spazialismo, naufragio di segni, ultima pentecoste possibile. A distruggere il cielo è suffi ciente una sola cornacchia, scrive Kafka, qualcosa di non distante dal disturbo provato da Yves Klein nel tentativo, appunto, di assoluto. Così, nella nostra quotidianità, in cui la presenza assidua degli animali spesso ci distrae da essi, un attraversare improvviso di gatto o il fruscio ancora di lucertola nel cespuglio, l’abbaiare di cane, ci fanno trasalire, quasi fossero, così per il Nietzsche degli Idilli, balenanti inquietudini. Mistero altissimo e più forti presenze le Bestie sono comparse silenziose sulla scena della storia, nel senso di un reale subìto, il peso di una vicenda inevitabile e normale, vittime sacrificali nella scala dei bisogni, ramificata in morti e fughe, ma testimoni anche di azzardi e imprese impossibili, conquistatori di nuovi mondi e figure di pagine memorabili. Nomi puri: Laika, Frida, Dero, Flora, Balthazar, Makakita . . . Protagonisti irrinunciabili nella visione del mondo dalla finestra del viaggio. La loro capacità mimetica, poi, li assimila perfettamente alla dimensione del quadro, e ne fa cultura, e ne fa grande simbolica, introducendo, inoltre, l’elemento soggettivo e autobiografi co che permette di allargare la prospettiva pittorica, di indagare la verità delle cose, a dispetto d’una contemporaneità del verosimile e del probabile, e di toccare aspetti significativi dell’esperienza esistenziale ed artistica. Creature consuete nel mio lavoro, quindi, ma mai sacrificate, né strumentalizzate, indicative sempre d’un sentimento di memoria, capaci d’evocazioni letterarie e di speculazioni teologiche; creature pronte a ricondurci ad una misura delle cose, a quel patto antico che appunto tutte le cose riguardava perché l’alleanza è con ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra (Genesi 9, 8-17). Piccole e grandi voci del Terzo regno instancabilmente presenti sulla scena d’una rappresentazione finita del Mondo Creato.

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Cuori

Scuderie Aldobrandini Frascati – 2009

MONDO CREATO
di Giuseppe Salvatori

Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie
è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli;
c’è un soffi o vitale per tutti.
Qoelet (3,19-21)

Da sempre nella mia pittura gli animali occupano uno spazio considerevole. La presenza assidua di questi, o anche solo di un loro tratto, corrisponde ad una volontà precisa di ancorare la pittura alla vita, a fare del quadro un’occasione di appartenenza. Non necessariamente racconto, ma più vera icona, suggerimento discreto di un fare memoria. E se è vero che la memoria è la pittura dell’anima, i miei animali occupano, nella geometria invisibile di ogni composizione, proprio quel vuoto, altrimenti detto spazio d’anima. Lo spazio capace di vertigine e di peso: respiro e punto morto d’una prospettiva astratta del sentire e quindi debitore di equilibri inusitati. La figura, ad esempio, della lucertola ha in sé il movimento, lo scatto improvviso che può rimettere in moto la struttura del quadro, ridisegnandola in una varietà d’invenzioni illimitate, e mai casuali, perché essa stessa è sostanza: stratificazione di figure, recise memorie. Oppure l’ingresso d’un’ala d’uccello, a fare cielo o il suo sfregio, è lezione più antica di spazialismo, naufragio di segni, ultima pentecoste possibile. A distruggere il cielo è suffi ciente una sola cornacchia, scrive Kafka, qualcosa di non distante dal disturbo provato da Yves Klein nel tentativo, appunto, di assoluto. Così, nella nostra quotidianità, in cui la presenza assidua degli animali spesso ci distrae da essi, un attraversare improvviso di gatto o il fruscio ancora di lucertola nel cespuglio, l’abbaiare di cane, ci fanno trasalire, quasi fossero, così per il Nietzsche degli Idilli, balenanti inquietudini. Mistero altissimo e più forti presenze le Bestie sono comparse silenziose sulla scena della storia, nel senso di un reale subìto, il peso di una vicenda inevitabile e normale, vittime sacrificali nella scala dei bisogni, ramificata in morti e fughe, ma testimoni anche di azzardi e imprese impossibili, conquistatori di nuovi mondi e figure di pagine memorabili. Nomi puri: Laika, Frida, Dero, Flora, Balthazar, Makakita . . . Protagonisti irrinunciabili nella visione del mondo dalla finestra del viaggio. La loro capacità mimetica, poi, li assimila perfettamente alla dimensione del quadro, e ne fa cultura, e ne fa grande simbolica, introducendo, inoltre, l’elemento soggettivo e autobiografi co che permette di allargare la prospettiva pittorica, di indagare la verità delle cose, a dispetto d’una contemporaneità del verosimile e del probabile, e di toccare aspetti significativi dell’esperienza esistenziale ed artistica. Creature consuete nel mio lavoro, quindi, ma mai sacrificate, né strumentalizzate, indicative sempre d’un sentimento di memoria, capaci d’evocazioni letterarie e di speculazioni teologiche; creature pronte a ricondurci ad una misura delle cose, a quel patto antico che appunto tutte le cose riguardava perché l’alleanza è con ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra (Genesi 9, 8-17). Piccole e grandi voci del Terzo regno instancabilmente presenti sulla scena d’una rappresentazione finita del Mondo Creato.